Parlare di guerra (ma non solo) ai bambini
di Marta Benvenuti, psicologa e psicoterapeuta, esperta dell’età evolutiva
La guerra è uno degli eventi difficili da affrontare con i nostri figli, specie se piccoli.
E’ difficile anche per noi adulti lasciarci coinvolgere in una discussione sull’argomento senza sentirci a nostra volta minacciati, fragili, oppure arrabbiati, attoniti e senza capacità argomentative solide.
Parlare di guerra ai bambini nel modo più appropriato non è eludibile anche se tremano le gambe al solo pensiero.
Perchè ci tremano le gambe?
Perchè sperimentiamo concretamente una pesante frattura tra il senso di sicurezza percepito e il senso di sicurezza che effettivamente viviamo, nella quotidianità.
Perchè ci viene ricordato che siamo tutti connessi e collegati.
Perchè credevamo che questo capitolo crudele fosse definitivamente chiuso nella storia europea.
Perchè domani potremmo essere coinvolti anche noi.
Perchè il nostro benessere e la nostra sicurezza sono minacciati.
Parole e pensieri che fanno paura
Se non si dovesse mai dare per scontato il passare del tempo, in relativa serenità fisica e psichica, non saremmo così turbati.
La guerra riporta a galla parole come “trauma”, “violenza”, “morte”… tutto ciò che noi genitori vorremmo tanto restasse fuori dalle vite dei nostri figli.
Invece sono parole che oggi stanno entrando in queste giovani vite ( come in quelle di tutti noi) nella misura in cui noi adulti, per primi, riusciamo a lasciarle entrare come parte della vita, riusciamo a gestirle, comprenderle, riformularle e utilizzarle.
Non si tratta perciò di lasciarle fuori, ma di accettare che sono parole vuote o parole spettro se sono senza un’eco emotiva che le sostenga.
E quindi, tornando alla relazione genitori-figli, spetta per primi ai genitori imparare a usarle nel modo “più giusto e generativo”.
Allarghiamo lo sguardo
Vorrei allargare perciò la riflessione, non soltanto a queste parole, che la cronaca contemporanea sta riportando a galla riattivando un immaginario inconscio collettivo già ben appesantito dalla guerra contro il virus invisibile.
Vorrei porre attenzione anche alle parole e alle emozioni, che noi genitori, ultimamente, facciamo fatica a contenere.
Contenere, non nell’accezione di soffocare e reprimere, ma per comprendere, dare significato, restituire e affidare ai nostri figli.
Si tratta, ad esempio, le parole che parlano di paura (e di ansia, nei suoi livelli più forti), di sesso e amore, di vita e morte, di pace e condivisione.
Le emozioni dei bambini sono collegate a quelle dei genitori
I bambini “comprendono” se sentono che noi adulti siamo in grado di contenere emotivamente le sfumature emotive che vivono “dentro” semplici parole.
Ci siamo mai chiesti che succede se noi adulti non diamo voce alle emozioni?
A volte succede che i bambini traducono i nostri silenzi in preoccupazione, timore che possa succedere qualcosa e che non c’è nessuno che riesca a proteggerli.
Oppure in paura, oppure sfiducia, oppure scoramento…
Emozioni importanti, che poi però i bambini non riescono a tenere dentro, dense di significato come sono, e quindi le “agiscono” senza mediazione (perché affettivamente e cognitivamente ancora immaturi ma anche perché non spetta a loro farlo, ma a noi adulti!): risvegli notturni, richieste di rassicurazioni, difficoltà nei distacchi…
Dare voce e dare parola
Non abbiamo, perciò, timore di mettere parola.
Ma quali parole utilizzare allora per “parlare di guerra ai bambini”?
A seconda dell’età e del livello evolutivo, si possono usare parole che richiamano vicende conflittuali infantili, che parlano della fatica del trovare un compromesso, di negoziare.
I bambini conoscono questo scenario, perché lo praticano quotidianamente con sorelle/fratelli, con i compagni a scuola, ma anche con gli insegnanti ed altri educatori.
Partire da episodi nei quali loro, per primi, si sono sentiti calpestati, poco ascoltati, arrabbiati.
Parlare di guerra ai bambini significa anche parlare di rabbia, di ascolto dell’altro (e non ascolto), di bisogni miei che prevalgono sui tuoi, di fatica nel mettersi d’accordo…
Tutto questo i bambini lo conoscono e sono capaci di un dialogo!
Saper leggere tra le righe della vita
“Anche gli adulti fanno fatica a trovare dei compromessi, guarda però quanta diplomazia si sta muovendo, quanta solidarietà…”
“Anche gli adulti sbagliano, cerchiamo se vuoi di capire insieme che uso se ne fa, di questo errore” – questi sono solo semplici esempi.
E’ importante sentirsi in grado di poterne parlare, con parole semplici, coerenti e che si arricchiscono di emozioni piacevoli e spiacevoli.
C’è bisogno di affrontare anche le emozioni spiacevoli, non di lasciarle fuori perchè poi rientrano nelle vite dei nostri figli da altre porte e, magari, in momenti inaspettati.
Partiamo da qui e poi mettiamoci in dialogo, con fiducia, con questi nostri figli.
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